Il caso
La società svolgeva la propria attività in qualità di concessionaria di diversi Comuni, sulla base di contratti di affidamento oggetto, nel tempo, di rinnovi e proroghe, talvolta anche tacite, resi necessari dai continui interventi normativi nel settore.
Per la società, i canoni di concessione corrisposti ai Comuni rappresentavano dei costi e venivano, quindi, regolarmente indicati nel conto economico e imputati a bilancio.
Tuttavia, in un determinato esercizio, l’organo amministrativo, sulla scorta di una erronea interpretazione del quadro normativo afferente a detti contratti di affidamento, riteneva che gli stessi non fossero più efficaci, sebbene il servizio fosse stato ancora effettivamente reso dalla società senza soluzione di continuità. Di conseguenza, i suddetti costi non venivano indicati nella dichiarazione dei redditi perché ritenuti indeducibili fiscalmente.
Anche nella dichiarazione integrativa presentata successivamente – che riguardava la rettifica di altre poste – l’errore in questione non veniva corretto.
Avvedutasi in seguito dell’errore, la società presentava tempestivamente istanza di rimborso delle maggiori imposte versate, alla quale l’Amministrazione finanziaria opponeva silenzio-rifiuto.
Ne nasceva un articolato contenzioso, giunto sino alla Corte di cassazione, che ha accolto le doglianze della contribuente rinviando la causa al Giudice di merito.
La decisione
Riassunto il giudizio avanti alla CGT II Grado e confidando nella solidità dell’orientamento della Suprema Corte in tema di rettificabilità della dichiarazione fiscale, la società ha altresì presentato un’istanza di autotutela all’Agenzia delle Entrate, rimasta, tuttavia, priva di riscontro.
La Corte ha recentemente accolto il ricorso della società, statuendo l’illegittimità del silenzio-rifiuto del Pubblico Ufficio e affermando alcuni principi di rilievo:
- per quanto riguarda il trattamento fiscale dei canoni di concessione, il Giudice del rinvio ha statuito la deducibilità dei medesimi anche in presenza di proroghe di fatto del contratto, purché il servizio sia stato effettivamente reso;
- in tema di emendabilità della dichiarazione fiscale, ha aderito all’orientamento interpretativo per cui istanza di rimborso e dichiarazione integrativa costituiscono rimedi autonomi e distinti, che l’ordinamento tributario offre al contribuente;
- infine, alla luce anche delle recenti innovazioni normative (d.lgs. 219/2023) in materia di Statuto del Contribuente (l. 212/2000), il Giudice ha espressamente affermato che l’Agenzia avrebbe dovuto, in questo caso, accogliere l’istanza di annullamento in autotutela proposta dalla società.
Il team
Per lo Studio hanno agito gli avvocati Mario Giannotta, Founding Partner e Responsabile della Divisione contenzioso tributario, e Serena Peruzzi, Associate.