La disciplina della liquidazione e degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza deve necessariamente ispirare le linee delle disposizioni penali. Così non è, al momento, nel nostro Paese.
L'attuale comparto penale è stato pensato e realizzato in un contesto socioeconomico remoto, caratterizzato da modelli extra-penali tramontati e ormai radicalmente mutati dagli interventi normativi del 2005 e dal Codice della crisi attualmente vigente. Basti pensare, a mero titolo di esempio, che al centro del sistema penale continua ad esserci l'imprenditore individuale.
Mantenere invariato l'attuale apparato penale è opzione che si scontra con esigenze razionali non controvertibili. Le misure, gli accordi e le procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza offerti dal Codice della crisi sono destinati a scontare gravi e preoccupanti incertezze in assenza di un appropriato adeguamento del rischio penale.
Le soluzioni, indicate nella proposta della Commissione BRICCHETTI, di revisione del comparto penale muovono da queste premesse, sono meditate, rifuggono da fenomeni abolitivi a vasto raggio, tengono conto delle esperienze del passato e dell'attuale realtà.
Alcune scelte sono perfezionabili e migliorabili con pochi ritocchi. Altre rappresentano la soluzione di questioni spinose. Tra esse va, anzitutto, collocata la questione relativa alle condotte integranti la bancarotta fraudolenta patrimoniale. La Commissione ha scelto di mantenere le condotte (distrazione, distruzione, ecc.) ma di dare espressa evidenza al fatto che le stesse, per avere rilevanza penale, devono essere in concreto pericolose per gli interessi patrimoniali dei creditori.
Un'altra scelta si profilava: quella di introdurre una zona di “rischio penale” predeterminata; questa seconda ipotesi è stata, anche per un profilo politico criminale, scartata. Altra questione complessa è rappresentata dalla disciplina della bancarotta fraudolenta nel caso di concordato preventivo o di altri accordi e procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza.
La Commissione ha scelto di limitare il rischio penale al caso degli strumenti di regolazione della crisi rispetto ai quali è previsto un intervento del giudice. Ma il tema resta complesso non fosse altro perché vi è, da un lato, l’ineludibile esigenza di non scoraggiare l'accesso a detti accordi e procedure, dall'altro, quella di evitare che condotte concretamente offensive rimangano impunite. La Commissione ha, inoltre, voluto costruire un esteso sistema riparatorio/risarcitorio dei danni patrimoniali cagionati al ceto creditorio, quindi anche allo Stato e ad enti pubblici. Continuiamo a credere che sia questa la strada da percorrere per dare massima tutela alla persona offesa danneggiata.
